Tutte le vite valgono!

In Bosnia migliaia di migranti, in cammino lungo la Rotta balcanica, rischiano di morire per stenti e assideramento mentre  vengono respinti ai  diversi confini

            In questo rigido inverno, nel mezzo di una drammatica pandemia che colpisce soprattutto i più poveri e deboli, si consuma, a poche centinaia di chilometri dal confine orientale italiano, l’ennesimo fallimento della politica che dovrebbe tutelare la vita di ogni essere umano. Da settimane, nell’area di Bihać, in Bosnia, dopo la chiusura e l’incendio della tendopoli di Lipa, migliaia di giovani afghani, iracheni, pachistani, siriani, africani, da anni bloccati lungo la Rotta balcanica, vagano nei boschi e nelle campagne, rischiando la morte per stenti e assideramento. Nel rimpallo delle responsabilità tra il governo centrale della Bosnia e quello cantonale, nessuna soluzione è stata ancora individuata. I migranti abbandonati di Lipa si aggiungono alle migliaia di  uomini e donne precariamente sistemati nei diversi campi della Bosnia nord occidentale, dove è in atto un’ emergenza umanitaria.

            Denunciamo le responsabilità dell’Europa e del nostro Paese nell’attuazione dei respingimenti a catena, chiamati “riammissioni informali”, messi in atto da Italia, Slovenia e Croazia nei confronti dei migranti. Si tratta di dispositivi illegittimi, attivati dalle polizie di frontiera, finalizzati a ricondurre in Bosnia uomini, donne e minori che aspirano a una protezione umanitaria, dopo aver tentato, a volte per anni, di attraversare i Balcani. Questi migranti, spesso rappresentati come possibili propagatori del Covid-19, sono deliberatamente esclusi dall’Europa, che stanzia cospicui finanziamenti (quasi 100 milioni di euro) per tenerli fuori dai propri confini anziché attuare, nei loro confronti, politiche di accoglienza, integrazione e tutela sanitaria.

Di fronte a tale situazione, oltre alla raccolta di fondi per interventi umanitari, sentiamo il bisogno di un coinvolgimento più profondo nelle vicende che riguardano  migliaia di persone bloccate lungo la Rotta balcanica.

Rifacendoci ai principi ispiratori  dell’azione politica nonviolenta

da domenica 17 gennaio  daremo inizio a uno sciopero della fame

alternandoci nel digiuno di una giornata per:

  • chiedere a tutti i Governi dell’Unione Europea e in primis al Governo italiano di  porre immediatamente fine ai respingimenti tra Italia, Slovenia e Croazia, a causa dei quali migliaia di persone vengono rigettate in Bosnia, dopo aver subito violenze e vessazioni ampiamente documentate, in aperta violazione delle leggi europee e della Costituzione della nostra Repubblica che tutelano il diritto d’asilo;
  • attuare un piano di ricollocamento tra tutti i Paesi UE dei rifugiati bloccati in Bosnia che permetta una effettiva protezione e alleggerisca la Bosnia, Paese con risorse limitate ed ancora diviso al proprio interno, delle responsabilità che la UE non vuole assumersi;
  • aiutare la Bosnia a realizzare un progressivo programma di accoglienza e protezione dei rifugiati adeguato alle sue possibilità, escludendo la creazione, finora invece favorita, dei campi di confinamento nei quali isolare i rifugiati in condizioni indegne.

Il digiuno coinvolgerà ogni giorno donne e uomini che da diverse località si alterneranno nell’arco delle settimane. Ci auguriamo che lo sciopero, avviato in Friuli Venezia Giulia, possa essere condiviso da persone,  associazioni, movimenti, che in Italia sono impegnati nella difesa dei diritti umani nell’area balcanica e ovunque in Italia e nel mondo.

Per partecipare al digiuno inviate la vostra adesione a: retedirittifvg@gmail.com

indicando il Comune di residenza, la professione o il ruolo sociale/istituzionale,  allegando una vostra foto con cartello e scritta #rottabalcanica #norespingimenti o un video di max 30 secondi in cui esporre il motivo  della vostra partecipazione. I materiali raccolti verranno pubblicati sul sito e le pagine FB della Rete DASI FVG.

Rete DASI FVG: http://sconfini.net/ 

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