Da oltre 10 anni il movimento per l’acqua è in campo per contrastare le politiche liberiste che si prefiggono la definitiva cessione al mercato dell’acqua e dei beni comuni.
Il percorso sin qui seguito è stato in grado di mettere insieme resistenza e proposta: si è costruita una forte opposizione alle privatizzazioni facendo ricorso alla sensibilizzazione attiva, alla mobilitazione politica, all’attivazione sociale fino alla disobbedienza civile, e contemporaneamente si è avanzata una proposta radicale e alternativa utilizzando lo strumento istituzionale della legge d’iniziativa popolare, depositata già nel 2007 con oltre 400.000 firme a sostegno. Una legge che si pone l’obiettivo di promuovere una gestione pubblica, partecipativa e ambientalmente ecocompatibile dell’acqua, con tariffe eque per tutti i cittadini, che garantisca gli investimenti fuori da qualsiasi logica di profitto e i diritti dei lavoratori.
Nella scorsa legislatura abbiamo promosso la nascita dell’intergruppo parlamentare per “l’acqua bene comune” il quale nel 2014 ha sottoscritto una versione aggiornata della legge che abbiamo difeso con forza dall’ennesimo attacco del PD e della maggioranza alla Camera dove è stato approvato un testo stravolto nell’impianto e nei principi, fortunatamente rimasto indiscusso al Senato.
L’attuale legislatura non è iniziata nel modo migliore. Da subito abbiamo denunciato come la parte del “contratto di governo” M5S-Lega relativa al tema dell’acqua fosse del tutto insufficiente, inadeguata e non rispettosa dell’esito referendario. Abbiamo evidenziato il rischio che si ottenesse il risultato di consolidare l’attuale assetto gestionale e di governance volto alla massima mercificazione del bene. Infatti, non vi è alcun riferimento alla necessità di mettere in campo una modifica radicale della normativa in materia di servizi pubblici locali e in particolare del servizio idrico integrato verso la ripubblicizzazione.Purtroppo, allo stato attuale tale scenario sembra concretizzarsi sempre di più, nonostante un anno fa, il 30 luglio 2018, svolgemmo un importante confronto con il Presidente della Camera, Roberto Fico. In quell’occasione Fico aveva dichiarato che legava la sua presidenza alla legge sulla ripubblicizzazione dell’acqua e che l’applicazione dell’esito referendario passa esclusivamente attraverso forme di gestione quali gli Enti di diritto pubblico, aziende speciali e aziende speciali consortili, escludendo qualsiasi forma di società di capitali ancorchè a totale capitale pubblico. Inoltre, si era assunto l’impegno, nei limiti del ruolo che gli compete, di adoperarsi al fine di avviare in tempi brevi la discussione della legge. A fine ottobre la legge per l’acqua, depositata a prima firma dell’On. Daga in una versione aggiornata della legge di iniziativa popolare presentata nel 2007, è stata incardinata in Commissione Ambiente della Camera che ne ha avviato l’esame con un lungo ciclo di audizioni terminato nella seconda metà di gennaio del 2019. Un testo che scaturisce dalla necessità di un cambiamento normativo nazionale e risulta essere la reale e concreta attuazione dell’esito referendario, introducendo modelli di gestione pubblica e partecipativa del servizio idrico, procedendo da subito alla ripubblicizzazione dello stesso. Una legge, il cui percorso in Commissione Ambiente è fermo da mesi, che rischia di essere affossata sotto una valanga di oltre 230 emendamenti presentati da gruppi politici di maggioranza e opposizione. Contro l’acqua pubblica si è formato un unico grande fronte, su ispirazione delle multinazionali dell’acqua, che mette insieme Lega, Partito Democratico, Forza Italia, Fratelli d’Italia, e in cui rischia di rientrare anche il M5S visto che diversi deputati hanno depositato emendamenti che puntano a stravolgere principi e impianto della legge. Fuori dalle aule parlamentari, a seguito delle audizioni di Utilitalia e Laboratorio Ref Ricerche, si è prodotto un dibattito distorto da una narrazione artatamente creata da parte dei maggiori organi di informazione che ha puntato alla costruzione di uno scenario apocalittico sui costi della ripubblicizzazione allo scopo di spaventare l’opinione pubblica e distorcere la realtà dei fatti. Scenari destituiti di ogni fondamento con cifre messe a caso completamente smentiti dal dossier presentato dal Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua in collaborazione con Altreconomia. Dati alla mano è stato dimostrato come la ripubblicizzazione abbia costi contenuti pari a circa 1,5 miliardi di €, quindi decisamente aggredibili. Vengono così smontatI i calcoli e le cifre astronomiche (circa 20 miliardi di €) diffuse dalle ricerche svolte dal Laboratorio Ref Ricerche e da Oxera, società di consulenza economica a cui si è rivolta Utilitalia. Finora nè Governo, né partiti di governo e di opposizione hanno contestato o risposto a queste affermazioni. E’ stato anche dimostrato che la ripubblicizzazione è solo questione di volontà politica ed è stato ribadito come questa porterebbe a diversi benefici in termini di tariffe più eque ed effettiva realizzazione degli investimenti. Questioni non secondarie in un periodo di ulteriore approfondimento della crisi economica e sociale e di inasprimento degli effetti dei cambiamenti climatici sulla risorsa idrica. Ora possiamo convintamente affermare che non sussiste più alcun alibi per il Parlamento, e in particolare per la maggioranza di governo, per non procedere in tempi molto rapidi all’approvazione della legge per l’acqua pubblica. Nonostante gli annunci, il percorso della legge sembra completamente arenato: la relazione chiesta al Governo sull’impatto economico ancora non è arrivata, fornendo un alibi perfetto a maggioranza e opposizione per non procedere all’esame della legge e l’approdo della discussione in aula alla Camera è slittato ancora una volta al 29 luglio. Eppure 27 milioni di cittadini italiani hanno votato ai referendum del 2011 e aspettano da troppo tempo il rispetto della volontà popolare: anni in cui si sono succeduti i governi Berlusconi, Monti, Letta, Renzi, Gentiloni e ora quello Conte – Salvini – Di Maio, tutti impegnati con ogni mezzo nel capovolgere l’indicazione democratica delle cittadine e dei cittadini. In questo contesto preoccupante s’inserisce l’approvazione del cosiddetto decreto Crescita il cui art. 24, come abbiamo più volte denunciato, stabilisce la privatizzazione dell’EIPLI, l’ente che gestisce le grandi opere idrauliche come invasi, opere di captazione di sorgenti e centinaia di chilometri di reti di adduzione tra Puglia, Campania e Basilicata. Si prevede, infatti, il trasferimento delle infrastrutture ad una neocostituita società per azioni che com’è noto è un ente di diritto privato.Una privatizzazione che viene da lontano. L’attuale maggioranza ha diligentemente svolto i compiti assegnati da governi precedenti a partire da Prodi nel 2007, passando per Monti, per finire con Gentiloni. Con l’approvazione di questo decreto è stato segnato l’ennesimo passaggio in continuità con il passato, con quel pensiero unico che pervade gran parte delle forze politiche da oltre 25 anni e che individua nel mercato l’unico regolatore sociale.La storia ha insegnato che la clausola tramite cui provare a blindare la partecipazione pubblica imponendo il divieto di cessione a privati delle quote azionarie è un argine fragile travolto sistematicamente nel passato. Si tratta di una mera foglia di fico da parte di chi lo ha proposto, il M5S, attraverso cui provare a nascondere da una parte l’incapacità e dall’altra quella che assomiglia sempre più all’assenza di una reale volontà di procedere verso l’approvazione della legge per l’acqua.Risulta evidente come gli argomenti utilizzati a difesa di questa norma siano gli stessi propagandati negli anni da tutti coloro che hanno contrastato i referendum prima e l’approvazione della legge d’iniziativa popolare poi. Addirittura nel dibattito svolto al Senato un rappresentante del M5S è arrivato a sostenere che la società di capitali è il migliore modello aziendale per la gestione dell’acqua e quello che ne garantisce maggiormente la pubblicità. E’ altrettanto evidente che questa norma è in piena contraddizione con i principi della legge per l’acqua pubblica che punta al totale superamento delle forme di gestione tramite società di capitali, ancorchè totalmente pubbliche.Se la direzione tracciata dalla maggioranza giallo-verde sulla gestione dell’acqua è quella che emerge dall’art. 24 e soprattutto dagli argomenti portati al suo sostegno si spiega perfettamente lo stallo della discussione della legge per l’acqua, caduta nel dimenticatoio di un cassetto della Camera da oltre 5 mesi. Altra questione di estrema rilevanza è il ruolo che sta giocando l’ARERA (Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente) che, come denunciamo da anni, è al servizio degli interessi privati a scapito della collettività.Infatti ARERA:- ha contraddetto l’esito referendario del 2011 facendo rientrare dalla finestra i profitti garantiti per i gestori;- lascia che i soldi del settore idrico siano sottratti agli investimenti o per la riduzione della tariffa per distribuirli invece come dividendi agli azionisti;- ha avallato l’esproprio di milioni di euro con l’addebito sulla bolletta dell’acqua di un “conguaglio ante 2012”;- ha sottratto ai Comuni il diritto di stabilire una tariffa dell’acqua trasparente, equa e giusta;Per cui abbiamo previsto una specifica disposizione nella legge per l’acqua che ne prevede la soppressione e il trasferimento delle competenze sul servizio idrico al Ministero dell’Ambiente. Basta tatticismi, mezze verità, continui ritardi e bugie, il Parlamento si assuma le proprie responsabilità e proceda celermente alla discussione della nostra proposta di legge fino all’approvazione senza stravolgimenti, proprio nel rispetto della volontà popolare chiaramente espressa dalla maggioranza assoluta del popolo italiano con i referendum del 2011, perché ancora una volta si scrive acqua ma si legge democrazia.
Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua