Lunedì 5 Luglio il Forum dei Beni Comuni ed Economia Solidale, l’Associazione per la Decrescita, e la Società dei Territorialisti hanno discusso sulla giusta misura delle comunità solidali, di seguito il documento di presentazione che ha stimolato il dibattito, ed inoltre il video dell’intero seminario.
Premessa
Su proposta del Forum per i beni comuni e l’economia solidale del Friuli Venezia Giulia, nel 2017 il Consiglio regionale ha approvato la LR 4 “Norme per la valorizzazione e promozione dell’economia solidale”.
L’idea di una legge regionale, sorta nel 2012 con la costituzione del Forum, era nata dalla constatazione che le tante buone pratiche – operanti nei territori della regione – per la difesa dell’ambiente e dei beni comuni, per lo sviluppo di forme alternative di produzione e consumo, di difesa dei più deboli (persone, gruppi e territori), ecc. configuravano un arcipelago di realtà con scarsissime connessioni tali da rappresentare una possibile alternativa (radicale o riformista) al modello socioeconomico dominante. Infine, la bozza elaborata ha preso corpo attraverso un lavoro di sintesi di due altre leggi regionali già approvate, di analogo contenuto e motivazione: la legge provinciale di Trento (LP 13/2010) e quella regionale dell’Emilia-Romagna (LR 19/2014).
Rispetto alle due citate “sorelle maggiori”, quella “nostra” si caratterizza per il disegno istituzionale centrato sulla formazione di Comunità territoriali di cittadini capaci di autogoverno. Questi i passaggi più significativi:
Art 1. Finalità.
“In armonia con i principi e le finalità dello Statuto regionale, al fine di promuovere lo sviluppo civile, sociale ed economico della collettività, la Regione Friuli Venezia Giulia riconosce e sostiene l’economia solidale, quale modello socio-economico e culturale imperniato su comunità locali e improntato a principi di solidarietà, reciprocità, sostenibilità ambientale, coesione sociale, cura dei beni comuni e quale strumento fondamentale per affrontare le situazioni di crisi economica, occupazionale e ambientale.
Definizione comunità. (art. 3. Definizioni)
“a) Comunità dell’economia solidale: insieme di persone fisiche residenti in un determinato territorio che, nella rete dei reciproci legami sociali e delle attività volte a soddisfare il ben vivere dei suoi membri, perseguono attivamente l’attuazione dei principi della solidarietà, della reciprocità, del dono, del rispetto dell’ambiente; ……..”
Art. 4 Le assemblee delle Comunità dell’economia solidale
“1. La Comunità dell’economia solidale di ciascun territorio si riunisce in assemblea per:
a) avanzare proposte e approvare i programmi delle attività che, in armonia con i principi e le finalità della presente legge, favoriscano lo sviluppo e la diffusione di imprese, filiere e buone pratiche di economia solidale e sinergie tra i diversi soggetti interessati;
2. Il territorio delle Comunità dell’economia solidale coincide con quello delle Unioni Territoriali Intercomunali, di seguito UTI, istituite dalla legge regionale 12 dicembre 2014, n. 26 (Riordino del sistema Regione-Autonomie locali nel Friuli Venezia Giulia. Ordinamento delle Unioni territoriali intercomunali e riallocazione di funzioni amministrative).”
La delimitazione delle Comunità territoriali
La Legge, come si evince dal punto 2 dell’art. 4 sopra riportato, individuava in ciascuna delle 18 UTI (unioni territoriali intercomunali) il territorio di competenza delle singole Assemblee di Comunità di economia solidale, formate dalle persone ivi residenti che chiedono con atto formale di farne parte.
La nuova Amministrazione, con la legge regionale 29 novembre 2019, n. 21 “Esercizio coordinato di funzioni e servizi tra gli Enti locali del Friuli Venezia Giulia e istituzione degli Enti di decentramento regionale”,ha abrogato la riforma delle UTI e quindi la Legge 4 si trova attualmente senza riferimenti istituzionali su cui costituire le singole Assemblee di Comunità.
Il problema della zonizzazione
Con questo seminario intendiamo individuare una proposta di nuova zonizzazione da sottoporre all’attenzione del legislatore regionale, affinché provveda a ridare alla Legge in parola una nuova e coerente capacità operativa, proprio nel momento in cui si vanno formando i primi nuclei di cittadini intenzionati a fare Comunità.
Input per la discussione
Già negli anni ’50, Olivetti si era posto il problema della “giusta misura” delle Comunità territoriali capaci di autogoverno, sia come processo decisionale che come capacità di organizzare la sussistenza delle persone che danno vita a questo tipo di società insediata nel proprio territorio.
Oggi la comunità è diventato un tema mainstream, impiegato come un mantra da qualsiasi impresa che si richiami, anche blandamente, alla sostenibilità o allo stakeholder capitalism. Per esempio, Larry Fink, Amministratore delegato di BlackRock, uno dei maggiori investitori speculativi del pianeta, nella lettera del gennaio 2018 ai CEO delle società nel portafoglio di investimenti di BalckRock, così affermava: “(…) Companies must benefit all of their stakeholders, including shareholders, employees, customers, and the communities in which they operate” (trad. It : le società devono beneficiare tutti i propri portatori di interessi, inclusi azionisti, lavoratori, clienti e comunità in cui operano)[1].
Con questoseminariointendiamo:
- Discutere su una definizione“idealtipica” di tale istituzione, qualora creata dalla libera ed autonoma volontà dei cittadini residenti di costituirsi in Comunità
- Individuare i determinanti di una Comunità, e delle loro relazioni tali da determinare la giusta misura, e di durare nel tempo, e di replicarsi diventando sistema alternativo a quello dominante.
Partiamo dalla definizione:
“per Comunità intendiamo:
- un aggregato sociale di persone che insieme decidono consapevolmente di creare una Istituzione insediata in un determinato territorio, per:
- autogovernarsi, attraverso forme avanzate di democrazia diretta;
- organizzare, fin dove possibile, la sua sussistenza, basata sull’istituto dei beni comuni;
- far parte in maniera indissolubile ad un sistema federale plurilivello (circolare e non gerarchico), dove ogni livello di scala territoriale diversa applica gli stessi principi di autogoverno, di organizzazione della propria sussistenza
Per ovvii limiti temporali di questo nostro incontro, proponiamo di approfondire i primi tre punti.
- Comunità di persone di uno stesso territorio di vita che si “istituiscono” per evadere insieme dalla gabbia d’acciaio del mercato capitalistico e dalla religione della crescita, oggi diventati egemoni a scala globale, non solo come sistema economico ma, riprendendo Mauss, come “fatto sociale totale”.
La formazione di Comunità aperte, ma fra loro federate a partire dalle scale locali, è la condizione per poter realizzare quel salto di paradigma auspicato da tanti, finora rimasto latente, per la frammentarietà delle varie proposte e buone pratiche.
- Il tema dell’autogoverno. Se, come afferma Aristotele, le persone si aggregano primariamente perché l’uomo è “animale sociale” questo stare insieme è la dimensione della politica, ossia la capacità/necessità di prendere decisioni, quindi il tema del potere. Oggi è evidente che la democrazia rappresentativa è in crisi per tante cause che, nel loro insieme possiamo definire crisi entropica. Agli effetti di questo incontro, riteniamo che una di queste cause sia rappresentata dalla impossibilità dei cittadini di partecipare direttamente alla politica come cura del bene comune. E la partecipazione diretta è possibile se, almeno alla scala locale, il numero dei cittadini attivi chiamati a discutere e prendere decisioni è …. della giusta misura. La dimensione demografica delle Comunità territoriale è quindi uno dei principali determinanti da risolvere.
- La questione della sussistenza. Si tratta del secondo, ma altrettanto importante determinante per la formazione delle Comunità. Se si conviene che per uscire dalla “dittatura” globale del mercato capitalistico e dall’imperativo della crescita occorre pensare e realizzare un sistema produttivo radicalmente alternativo, la creazione di Comunità territoriali autosostenibili (almeno per la sussistenza) è certamente uno strumento che può rompere le macro connessioni imposte dalle multinazionali e dagli Stati fra loro in competizione distruttiva per gran parte dell’umanità e della natura. Ecco allora emergere il secondo determinante da risolvere….. della giusta misura. Bisogna cioè domandarci quanto territorio, come risorsa, è necessario ad ogni Comunità per garantirsi, almeno in parte, la propria sussistenza, tenuto conto che la piena sussistenza si potrà raggiungere alla scala territoriale/federale della “Bioregione” di appartenenza.
[1] Tratto da: Rita Rolli, L’IMPATTO DEI DATTORI ESG SULL’IMPRESA. Modelli di governance e nuove responsabilità. Il Mulino, 2020