A settembre è tempo di decrescita

Tre giornate, da mercoledì 7 a venerdì 9, per quattro assi tematici: una terra, una salute, una vita; buen vivir, vivir bien; nuove architetture sociali; un agire politico trasformativo. Sabato10 settembre si passa, poi, al Venice Climate Camp, fino al 12. L’incontro di Venezia “Decrescita: se non ora quando? Dall’illusione della crescita verde a una democrazia della terra” si propone di costruire una interlocuzione tra diversi movimenti sociali e politici: l’ambientalismo, l’ecologismo scientifico, il femminismo italiano e l’ecofemminismo internazionale, il post-sviluppismo e la teologia della liberazione, il transition movement anglosassone, l’economia solidale, i movimenti no global, quelli per l’acqua e i beni comuni, quelli per l’agroecologia e la sovranità alimentare. L’idea di liberarsi da un feticcio mitizzato ha smesso di essere un tabù e quello della decrescita è diventato un movimento rilevante di riflessione culturale, di sperimentazione pratica di stili di vita e di pratiche socio-economiche e di proposte politiche. Tutte le informazioni su www.venezia2022.it

Sarà completamente autofinanziato con crowdfunding e sottoscrizioni perché l’autonomia è essenziale. Per partecipare, bisogna iscriversi a questo link perché i posti sono limitati a 250. A promuovere l’incontro intitolato “Decrescita: se non ora quando? Dall’illusione della crescita verde a una democrazia della terra”, dal 7 al 9 settembre a Venezia (ma fino al 12 c’è il Venice Climate Camp) saranno in molti:Associazione per la Decrescita, dal Movimento per la Decrescita Felice, dalla Rete Italiana dell’Economia Solidale, da Aeres di Venezia e dal Support Group of the International Conferences on Degrowth for Ecological Sustainability and Social Equity. Con il patrocinio delle università IUAV, Ca’ Foscari, Udine e di Research & Degrowth. In collaborazione con: ACMOS-Torino; Associazione Eco-Filosofica; Associazione Laudato si’; Bilanci di Giustizia; Co-Energia; Forum Beni Comuni Friuli Venezia Giulia, MUSOCO; TILT – Territori in Libera Transizione. Media Partner: Altreconomia; Comune-Info; Pressenza; Terra Nuova.

Così come molti saranno i temi su cui confrontarsi: dalla sostenibilità ambientale all’equità sociale, passando per la democrazia e la pace, tra gli altri. La discussione è già avviata (alcune bozze sono già disponibili nel sito) con elaborati condivisi da gruppi aperti su varie tematiche quali: pace e nonviolenza; l’idea di comunità; la cosmovisione della decrescita; un’uscita di emergenza dalla crisi economica; fare salute; la filiera agroalimentare nel contesto della agroecologia; educare alla saggezza, le reti dell’economia solidale e sostenibile.

L’incontro si articolerà però attraverso quattro assi tematici, con relazioni quasi tutte in presenza:

  • One Earth, one Health, one Life, per un’idea più ampia di salute e di cura delle persone, degli animali, del pianeta. Con relazioni di: Vandana Shiva (Navdanya, India), Carlo Modonesi (univ. di Parma), Jean Louis Aillon (Rete salute e sostenibilità);
  • Buen Vivir/Vivir Bien. Che cos’è una buona vita? Oltre il paradigma del benessere, ripensare il senso e la qualità della vita. Amaia Perez Orozco (Colectiva Xxk. Feminismos, pensamiento y acción);  Lorenzo Velotti (Scuola Normale Superiore, Research & Degrowth); Marco Bersani (Società della cura); Silvia Federici (da remoto) (professoressa emerita presso l’università Hofstra di New York).
  • Nuove architetture sociali. Praticare la transizione attraverso nuove forme di condivisione, di comunità, di cooperazione e organizzazione sociale. Jason Hickel (Università di Barcellona) (da remoto); Mario Pansera (Università di Vigo, Spagna); Emanuele Leonardi (Università di Bologna).
  • Un agire politico trasformativo. Un nuovo sperimentalismo democratico per rendere possibile un progetto collettivo di cambiamento. Luigi Pellizzoni (Università di Pisa, POE); Viviana Asara (Università di Ferrara e Research & Degrowth); Marco Deriu (Università di Parma); Timothée Parrique (da remoto) (School of economics, Lund University, Sweden).

Programma

Il programma dettagliato (disponibile a questo link) prevede varie sessioni in plenaria e tavoli di lavoro in parallelo.

Mercoledì 7 alle ore 9,30 sono previste le introduzioni generali di: Ugo Bardi (Università di Firenze) 50 anni dal rapporto “I limiti della crescita”; Mauro Bonaiuti (Associazione per la decrescita) 20 anni dalla Conferenza internazionale sulla decrescita di Parigi; Michel Cardito (Movimento Decrescita Felice) 10 anni dalla Conferenza internazionale sulla decrescita di Venezia.

Giovedì 8 alle 17 si terrà un incontro pubblico con Vandana Shiva, con interventi di: Francesco Musco (Iuav), Fabio Pranovi (Ca’ Foscari), Lucia Piani (Univ. Udine).

Venerdì 9 alle 15 c’è invece una tavola rotonda: “Dal disarmo ecologico e militare alla costruzione di una pace giusta e sostenibile”.

Sabato 10 vi sarà una convergenza con le manifestazioni al Venice Climate Camp al Lido di Venezia organizzato da Rise Up 4 Climate Justice e da Fridays For Future Venezia.

Sono previsti altri interventi di: Mario Agostinelli, Elena Bertoli, Bruna Bianchi, Davide Biolghini, Paolo Cacciari, Silvio Cristiano, Nello De Padova, Antonia De Vita, Enrico Euli, Margherita Forgione, Francesca Forno, Cristiano Gasparetto, Gloria Germani, Paolo Ladetto, Luca Lazzarato, Riccardo Mastini, Manlio Masucci, Jason Nardi, Ferruccio Nilia, Daniela Padoan, Matelda Reho, Massimo Renno, Bepi Rizzardo, Maurizio Ruzzene, Mario Santi, Mario Sassi, Giovanni Spaliviero, Gianni Tamino, Giulio Torello, Riccardo Troisi, Lorenzo Velotti, Maria Zinutti.

Contenuti principali.

L’idea di una società della decrescita deriva – in prima istanza – dall’urgenza di ridurre il flusso di energia e di materie impiegate nei cicli produttivi. Da cinquant’anni almeno (Rapporto del Club di Roma sui Limiti della crescita e Prima conferenza dell’Onu sull’ambiente) le evidenze scientifiche sono schiaccianti: è in atto un biocidio. Ma i principali centri di potere economico e politico mondiali rimangono inattivi, prigionieri del business as usual o, tuttalpiù, si affidano a soluzioni di tipo tecnologico (geoingegneria, elettrificazione, ecc.).

I promotori del progetto – sociale e politico – di una società della decrescita credono invece che – per rientrare nei confini ecologici del sistema Terra – sia necessario cambiare radicalmente il modello socioeconomico, i comportamenti e lo stesso modo di pensare le relazioni tra gli esseri umani e tra questi e l’intero mondo vivente. Una reinvenzione complessiva del modello di benessere e addirittura della nostra forma di civiltà. Questa prospettiva ha guadagnato in questi anni maggiore interesse anche in ambienti in passato più cauti o diffidenti. Quello della decrescita è diventato un movimento rilevante di riflessione culturale, di sperimentazione pratica di stili di vita e di pratiche socio-economiche e di proposte politiche. Nel mondo cattolico ha segnato una svolta l’Enciclica Laudato si’ nella quale Papa Bergoglio evidenziava esplicitamente la necessità della decrescita. Ma anche negli ambienti di sinistra, marxisti, eco-socialisti, anticapitalisti l’idea della decrescita non è più un tabù.

La proposta di una società  che sceglie di liberarsi dal feticcio della crescita materiale dei beni prodotti e venduti (Pil), entrando nell’ordine delle idee di realizzare un maggiore benessere per tutte e tutti gli abitanti della Terra senza intaccare la capacità di rigenerazione dei cicli naturali, è spesso equivocata e demonizzata come se si trattasse di una “recessione” economica e di un impoverimento generalizzato.  Ma la decrescita vuole uscire da una lettura puramente economicista fondata sui dogmi della scarsità, dell’homo oeconomicus, della competizione per riaprire un’interrogazione sulla qualità della vita e sui modelli di benessere. Abbiamo bisogno di una transizione che sia assieme democratica, ecologica, sociale ed economica. In quest’orizzonte dobbiamo non solo abbandonare lo sfruttamento delle fonti fossili ma accompagnare la transizione energetica con una moderazione della domanda di consumo, minerali e tecnologie comprese. Abbiamo bisogno di ritrovare una centratura sui territori in termini democratici, economici, ed energetici promuovendo delle esperienze di comunità più inclusive, partecipate e sostenibili. Dobbiamo promuovere un ripensamento del lavoro riducendo gli orari, condividendolo, stabilendo dei redditi minimi e massimi per ridurre le diseguaglianze sociali. E soprattutto riconoscendo il valore di tutte le attività non retribuite senza passare dalla loro mercificazione. Dobbiamo aumentare le forme di commoning, di gestione comunitarie di beni ambientali, materiali, monumentali, sociali riducendo la nostra dipendenza dal mercato. Complessivamente dobbiamo ridurre il nostro impatto ecologico attraverso forme di rilocalizzazione, abbattimento dei consumi intermedi (trasporti, energia, imballaggi, pubblicità), condivisione e riciclo, sfruttando anche forme di ecotassazione. Occorre promuovere l’agricoltura contadina, le filiere locali e le forme di economia solidale nonché un’alimentazione più sostenibile. Per tutto questo dobbiamo riorientare la ricerca e l’innovazione scientifico-tecnologica, contrastando l’obsolescenza programmata, la pubblicità e promuovendo obiettivi di durevolezza, sostenibilità e convivialità.

Questi indirizzi operativi valgono per i paesi “ricchi” e per i paesi “poveri”, sia pur in quantità e modalità differenziate, ma sono realizzabili riorientando i rapporti di cooperazione internazionale su nuove basi solidaristiche, creando nuove relazioni di scambio di materie prime e beni rari su basi paritarie, che sostituiscano gli attuali rapporti di sudditanza economica e delocalizzazione selvaggia delle attività produttive più povere e impattanti sull’ambiente.

L’incontro di Venezia si propone di costruire una interlocuzione tra diversi movimenti sociali e politici: l’ambientalismo, l’ecologismo scientifico, il femminismo italiano e l’ecofemminismo internazionale, il post-sviluppismo e la teologia della liberazione, il transition movement anglosassone, l’economia solidale, i movimenti no global, quelli per l’acqua e i beni comuni, quelli per l’agroecologia e la sovranità alimentare.

L’appuntamento dal 7 al 9 settembre è presso la sede di Santa Marta, ex Cotonificio Dorsoduro 2196, dell’Istituto Universitario di Architettura di Venezia; il 10 settembre invece saremo Venice Climate Camp.

Per informazioni:

www.venezia2022.itinfo@venezia2022.it

Fonte: Comune-Info

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