Cannon Ball, North Dakota 5 dicembre 2016. Il popolo dell’uomo rosso segna, per ora, una vittoria importante. Sioux, ambientalisti, veterani di guerra schierati al loro fianco e simpatizzanti vari ai quattro angoli del mondo hanno salutato con soddisfazione l’annuncio della bocciatura da parte del Genio militare degli Stati Uniti del progetto di percorso dell’oleodotto che attraversa il North Dakota, terra sacra e ancestrale del popolo Lakota. Il modo migliore per procedere responsabilmente e rapidamente è quello di esplorare percorsi alternativi ha dichiarato Jo-Ellen Darcy, vice ministro dell’Esercito degli Stati Uniti con delega ai Lavori pubblici.
Di fronte al rischio di una nuova guerra indiana, ieri Barack Obama e l’Us Army Corps hanno avuto la saggezza di annunciare lo stop allo scavo della Dapl e l’annuncio della “ritirata”, dato all’Oceti Sakowin dal capo Harold Frazier, a suscitato una grande gioia.
. I pellerossa ringraziano il presidente uscente: «La Standing Rock Sioux Tribe sarà per sempre grata all’amministrazione Obama per questa decisione storica» e sulla loro pagina Facebook si legge: «Oggi abbiamo dimostrato il potere delle voci della gente in piedi insieme per proteggere la nostra acqua. L’ acqua è vita. Non possiamo vivere senza. Mentre celebriamo la notizia di oggi, non possiamo essere compiacenti. Dobbiamo continuare a proteggere la nostra acqua e preservare la nostra terra».
Il Dakota Access Pipeline, l’oleodotto della società Energy Transfer Partners progettato per trasportare il greggio, 400,000 barili di petrolio ogni giorno, 64 milioni di litri, provenienti dai campi petroliferi detti Bakken e Three Forks nel nord Dakota ed estratti con il fracking, nella sua versione per petrolio, fino al Sud degli Stati Uniti, ha scatenato un movimento di protesta da parte delle tribù indiane, di ambientalisti e sostenitori degli indigeni nord-americani che si è diffuso a macchia d’olio. Da settimane i manifestanti vivono nelle praterie nei pressi di Cannon Ball, North Dakota, in un grande accampamento di tende militari e tepee tradizionali, nonostante il prossimo arrivo del terribile inverno del North Dakota, esposto alla furia dei blizzard, le tempeste di neve provenienti dall’Artico canadese.
Il progetto originario della pipeline, lunga quasi 1.200 chilometri con un costo stimato in 3,2 miliardi di dollari, prevedeva un passaggio a poche centinaia di metri dalla riserva della tribù Sioux Standing Rock in North Dakota. I pellerossa hanno così cominciato la protesta, nel timore che l’oleodotto possa contaminare il Missouri e il lago Oahe, le loro principali fonti di approvvigionamento idrico, oltre a danneggiare siti considerati sacri dai nativi e dove sono sepolti i loro antenati.
Non è ancora chiaro se e quanto potrà durare la vittoria indiana. Il presidente eletto Donald Trump, azionista della società titolare dell’oleodotto, la scorsa settimana si è espresso a favore del completamento La futura amministrazione potrebbe in teoria ignorare la richiesta e consentire la realizzazione del progetto originale anche contro il parere dell’autorità militari statunitensi.
Ma Siouz e ambientalisti sanno che la loro battaglia non è finita: il primo dicembre il presidente eletto Donald Trump si è schierato apertamente per la costruzione dell’oleodotto da 3,2 miliardi di dollari nel quale avrebbe interessi personali. Dopo un briefing con il team di transizione di Trump, John Hoeven, un senatore repubblicano del North Dakota, ha dichiarato: «Mister Trump ha espresso il suo sostegno all’oleodotto Dakota Access, che ha raggiunto o superato tutti gli standard ambientali previsti da quattro Stati e dall’Army Corps of Engineers. Inoltre, è importante sapere che la nuova amministrazione lavorerà per aiutarci a crescere e diversificare la nostra economia energetica e a costruire le infrastrutture energetiche necessaria per portarla da dove viene prodotta a dove serve. Il risultato sarà più posti di lavoro, un’economia più vivace e l’energia a prezzi accessibili per il popolo americano.
Ma la realtà è che Trump aveva investito tra 500.000 e 1 milione di dollari nell’Energy Transfer Partners, la compagnia che costruisce i l’oleodotto Dakota Access, e che, anche se il suo team dice che Trump ha ceduto le quote della società, non è vero che non ha più un interesse finanziario nel «Trump ha investito tra 100.000 e 250.000 investito nella compagnia petrolifera e del gas Phillips 66, che avrà una quota del 25% nel cantiere finito – spiega la Page – Inoltre, il Ceo dell’ nell’Energy Transfer Partners, Kelcy Warren, ha speso 103.000 dollari per sostenere direttamente la candidatura di Trump, dando altri 66.800 dollari al Comitato nazionale repubblicano».
Gli ambientalisti Usa sono allibiti e imbestialiti e, come se non bastasse, è arrivata la notizia che Trump starebbe prendendo in considerazione la nomina dell’amministratore delegato di Exxon/Mobil, Rex Tillerson, a Segretario di Stato, se così fosse, il ministero Usa che si occupa dell’Accordo di Parigi sul cambiamento climatico sarebbe in mano alla più grossa multinazionale petrolifera del mondo.